La
Piccola Sonda
Timor,
Lembata e Alor
Un viaggio culturale tra i villaggi Biboki degli altopiani di Timor Ovest, alla ricerca dei tamburi di bronzo degli Abui di Alor e tra i balenieri di Lamalera, per finire lungo le barriere coralline di Pantar e Ternate.
Giorno
1: Arrivo a Bali, serata di relax
In
taxi fino all’hotel. Serata libera. Pernottamento in hotel.
Giorno
2: Volo interno Bali – Timor
(Kupang),
Prendiamo
un volo interno che ci porta all’aeroporto di Kupang
(1h45m), sulla costa sud-ovest dell’isola di Timor.
Pranziamo in città e dedichiamo il pomeriggio ai mercati: quello del
pesce di Oeba (se ancora aperto) e quello generale di Oesao.
Cena a base di pesce fresco al mercato notturno di Kampung Solor.
Pernottamento in hotel.
Il
commercio del pesce a Kupang si svolge in modo particolare. Pescatori
e commercianti s’incontrano prima in mezzo al mare, al cosiddetto
Mercato di Nunsui. Qui, dai loro sampan, i mercanti fanno le
offerte per le catture quando sono ancora nelle barca dei pescatori.
Conclusa la vendita, il pesce viene sbarcato al Mercato di Oesapa,
situato sulla spiaggia vicina. Da qui, il pesce viene trasportato al
Mercato di Oeba, il più grande mercato del pesce a Kupang.
Giorno
3: Trasferimento da Timor a Lembata: i villaggi del
vulcano IleApe.
Ci svegliamo presto per prendere il volo interno Kupang - Lewoleba (40m). Sorvoliamo i due grandi vulcani Ile Ape e Ile Boleng che delimitano la stupenda baia di Lewoleba, capitale dell’isola di Lembata (l’antica Lomblen). Un pulmino ci accompagna all’hotel. Ripartiamo subito in minibus per una escursione ai villaggi attorno al vulcano Ile Ape (o Ile Lewotolo), ad est di Lewoleba. Visitiamo prima Lamariang, poi Lamawholo (dove saremo accolti da una breve cerimonia con danze e pranzo). Se c’è tempo, giriamo attorno al vulcano lungo una strada molto sconnessa e saliamo la ripida salita al villaggio di Lewohala, con decine di case tradizionali e una società regolata da un’agricoltura di sussistenza e antichi manufatti che rinnovano i legami con la terra e gli antenati. Bagno rinfrescante e snorkeling alla spiaggia bianca di Lamawholo. Cena e pernottamento in hotel a Lewoleba.
Ci svegliamo presto per prendere il volo interno Kupang - Lewoleba (40m). Sorvoliamo i due grandi vulcani Ile Ape e Ile Boleng che delimitano la stupenda baia di Lewoleba, capitale dell’isola di Lembata (l’antica Lomblen). Un pulmino ci accompagna all’hotel. Ripartiamo subito in minibus per una escursione ai villaggi attorno al vulcano Ile Ape (o Ile Lewotolo), ad est di Lewoleba. Visitiamo prima Lamariang, poi Lamawholo (dove saremo accolti da una breve cerimonia con danze e pranzo). Se c’è tempo, giriamo attorno al vulcano lungo una strada molto sconnessa e saliamo la ripida salita al villaggio di Lewohala, con decine di case tradizionali e una società regolata da un’agricoltura di sussistenza e antichi manufatti che rinnovano i legami con la terra e gli antenati. Bagno rinfrescante e snorkeling alla spiaggia bianca di Lamawholo. Cena e pernottamento in hotel a Lewoleba.
“A
Lamariang, un anziano con una bella barba a punta, spiega com’è
suddivisa una casa tradizionale. Su una piattaforma di bambù
sopraelevata c’è uno spazio dedicato ai rituali del culto degli
antenati. Altre piattaforme sono riservate al riposo dei famigliari e
degli ospiti. In un angolo, a terra, sono piantate le tre pietre del
focolare principale, sulle quali pende un contenitore di foglie
intrecciate di forma curiosa e con tre aperture. A fianco un’alta
piattaforma con alcune stoviglie di coccio. Al i sopra del
sottotetto, vengono stoccati fagioli, riso e mais. Uno dei grossi
pali verticali è intagliato a ricavare dei ganci su cono appesi
mazzi di pesci ad essiccare...”
Giorno
4-5: “Baleo”: i balenieri di Lamalera.
Due
intere giornate dedicate al villaggio di Lamalera, ai suoi
balenieri ed ai suoi abitanti, con la speranza di seguirli in almeno
una spedizione di caccia ai grandi mammiferi, al grido di “baleo,
baleo”.
Con
un pulmino dedicato ci spostiamo per due giorni di seguito dalla
capitale Lewoleba al villaggio di Lamalera (25km, 6 ore
andata e ritorno). Qui vivono le ultime comunità di balenieri.
Avremo diverse ore per affiancare i pescatori e gli abitanti durante
le loro attività quotidiane di caccia, ricovero di barche e attrezzi
da pesca, tessitura o semplice gioco dei bimbi in riva al mare.
Percorriamo le stradine che abbracciano la piccola baia e saliamo sui
promontori per avere viste indimenticabili di questa comunità
ancorata ad un’economia di sussistenza dalle radici secolari.
Pranzi al semplice ristorantino annesso alla guesthouse Felmina,
Cena e pernottamento in hotel a Lewoleba. (in alternativa è
possibile pernottare a Lamalera in guesthouse molto semplici).
Lamalera
è un villaggio arroccato sulle pendici rocciose del vulcano attivo
Ile Labalekan, sulla costa meridionale
dell'isola di Lembata. Un documento anonimo
portoghese del 1624 descrive isolani con arpioni a caccia di balene
per il loro olio (e probabilmente anche dell’ambra grigia). La
relazione conferma che la caccia alle balene ha avuto luogo nelle
acque del Mar di Sawu almeno due secoli prima della comparsa delle
baleniere americane e inglesi agli inizi del XIX secolo.
Una
missione cristiana si è stabilita nella comunità un centinaio di
anni fa e ha dato vita a scuole e a una falegnameria. Si tratta di un
villaggio di pescatori in una regione dove la maggior parte delle
comunità vivono di agricoltura. Lamalera ha poca terra
produttiva, così gli abitanti del villaggio vanno a pescare per
sopravvivere. Le loro barche, chiamate peledang, mosse a remi e con
una vela latina fatta di foglie di palma intrecciate, inseguono
mante, balenottere e piccoli capodogli, in un susseguirsi di
rincorse, attese, agguati ai grossi dorsi grigi dei cetacei, scatti
dei rematori e balzi al cardiopalma dell’arpionatore. La comunità
pratica ancora il baratto e si apre volentieri ai visitatori
stranieri. La spiaggia del villaggio è punteggiata di parti di
scheletri di balene e pezzi di carne appesi ad essiccare.
La
loro preda preferita è il capodoglio (Physeter macrocephalus). La
difficoltà di un rituale da seguire alla lettera e la scarsità
progressiva delle prede fanno sì che la caccia dia risultati
irregolari. Di più, la coda di una balena può distruggere le
piccole barche di legno e metterne alcune temporaneamente fuori uso.
Spesso i fiocinatori sono feriti o uccisi. Equipaggi interi si
perdono in mari lontani, resi incauti dalla necessità di un
inseguimento che può durare giorni in un mare infido.
La
carne della balena (e di squali e mante) viene tagliata a strisce e
essiccata al sole abbacinante in riva al mare. La carne viene poi
portata a piccoli mercati dove viene barattata con generi alimentari
ceduti dagli abitanti dei villaggi di montagna. Una striscia di pesce
essiccato o di carne equivale a dodici pannocchie di mais o dodici
banane, dodici patate dolci, dodici pezzi di canna da zucchero o
dodici coppie di Sirih/Pinang. La caccia commerciale alle balene è
vietata in gran parte del mondo, ma quella riconosciuta di
sussistenza è consentita, dai regolamenti della Commissione
Baleniera Internazionale (IWC), in Alaska, Stati Uniti, Unione
Sovietica e Groenlandia. L’Indonesia non è, tuttavia, uno dei
firmatari della IWC. Meno di una decina sono balene catturate dai
pescatori di Lamalera in un anno.
“...le
case debordano sulla spiaggia sotto forma dei precari ricoveri di
bambù e foglie di palma per le peledang, i lunghi barconi da pesca.
Il sole cuoce i resti di scheletri di capodogli. Strisce di carne
scura e grasso giallastro sono appese a seccare all’aria salsa.
Uomini scuri in volto (niente baleo per l’intera settimana),
stretti alle proprie barche, sparsi sotto i ricoveri, dormono,
acconciano le reti, fumano. Poche parole fluttuano in quest’atmosfera
arroventata e greve. Un vecchio si rigira sullo stretto ponte di
prua, avvolto nel suo sonno inquieto. Frotte di bimbetti seminudi
sfidano la calura giocando e ridendo sul bagnasciuga, incuranti e
persi nel loro mondo acqueo e sabbioso...”
Giorno
6: In aereo da Lembata a Timor. Trasferimento a
Soe.
Di
primo mattino trasferimento in aeroporto e volo Lewoleba -
Kupang (1h), sull'isola di Timor. Montiamo sul pulmino
che ci aspetta in aeroporto e ci trasferiamo al villaggio di Soe
(110km, 3 ore). Lungo la strada ci fermiamo al villaggio di Oebala,
dove una famiglia di liutai costruisce e suona le arpe rotenesi, o
Sasando. Relax, cena e pernottamento
in hotel a
Soe.
La
componente principale del Sasando è un tubo di bambù che
serve da telaio. Il tubo è circondato da vari pezzi di legno che
servono come cunei su cui le corde sono tese, dall'alto verso il
basso. La loro funzione è di tenere le corde più alte rispetto alla
superficie del tubo e anche, variandone la lunghezza, di ottenere
diverse notazioni musicali. Il tubo di bambù è circondato da una
sorta di ventaglio fatto di foglie secche di palma Lontar di Palmyra
(Borassus flabellifer), e ha la funzione di camera di risonanza. Il
Sasando è suonato con entrambe le mani che pizzicano le corde tese
sul tubo di bambù, attraverso l'apertura del “ventaglio” di
Lontar sulla parte anteriore, in modo simile ad un’arpa. Il Sasando
ha 28 o 56 corde.
L'isola
di Timor è lunga circa 450 km e larga circa 100. A 2950 m il Monte
Ramelau è il punto più alto. La maggioranza delle precipitazioni
cade durante la stagione dei monsoni, da dicembre a marzo. Il terreno
è generalmente povero e la vegetazione naturale scarsa. Vi sono,
tuttavia, boschi di eucalipto, di sandalo, legno di rosa, bambù e
tek. L'economia di Timor è dominata dall'agricoltura. La
coltivazione avviene con metodi tradizionali ed i prodotti principali
sono mais, riso, caffè, frutta e olio di copra (olio estratto dalla
polpa di cocco essiccata). Gli abitanti della costa di Timor sono in
gran parte di origine indonesiano-malese.
Giorno
7-9: i villaggi di Timor Ovest
Facendo
base a Soe visitiamo i villaggi di etnia Biboki e
Dawan. L’itinerario sarà fatto in funzione dei giorni di
mercato, un’occasione unica per incontrare le genti dei clan dei
villaggi di montagna, che scendono a vendere i pochi prodotti della
loro agricoltura di sussistenza. Una giornata dedicata ai villaggi
attorno a Soe: la vicina Niki Niki (mercato il mercoledì),
Oinlasi (50km, 2 ore e il suo affollato mercato del martedì),
Boti (2 ore, perso tra le strade sterrate e le colline brulle
dell’entroterra Dawan, ancorato al culto tradizionale dal
giovane raja), e Benteng Nome (un sorprendente piccolo gruppo
di ume, fortificato e con tradizioni guerriere). Un’altra
giornata dedicata alla etnia Biboki, ancora più a est oltre
Kefamenanu (50km, 2 ore). Visitiamo lo splendido e isolato
eremo di Temkesi (30km, 2 ore), semi-deserta sede del rajah, e
Maubesi, dove, con case in muratura, convivono le antiche uma
kebubu, a forma di igloo, e i tetti conici dei lopo. Diamo
un’occhiata a qualche porta intagliata, statua di antenato e
intricati tessuti al telaio. Se c’è il tempo facciamo una puntata
verso sud, a Betun (80km,
2,5 ore). Qui nella terra dei Belu, si possono visitare i
villaggi di Haitimuk (20km,
¾ ora),
Besikama (30km, 1
ora) e Kamanasa
(10km, ½
ora) che possiedono
ancora diverse case tradizionali e molti telai. Pranzi in
ristorantino, cene e pernottamenti in hotel a Soe. Il terzo
giorno rientriamo verso Kupang, dove pernotteremo. Lungo la strada
forse abbiamo tempo di visitare e documentare altri villaggi Dawan,
Kapan (21km, mercato il giovedì), Tunua e il solitario
Fatumnasi (41km) con alcune ume kebubu e alle cascate
di Oahala (3km, 45'). Pranzo per strada. Pernottamento in
hotel a Kupang.
Giorno
10:
Volo Timor - Alor. Kalabahi, visita della città.
Saliamo
sull’aereo che ci porta da Kupang a Kalabahi (40m),
la capitale dell’isola di Alor. Il breve volo permette di
avere una vista sullo stupendo arcipelago di Alor - Solor e,
forse, catturare il lento incedere di un cetaceo di passaggio. Il
minibus ci porta all’hotel in città. Pranzo in ristorantino.
Pomeriggio dedicato alla visita dei villaggi dell’interno: Takpala
(13km), e del piccolo ma
interessante museo dei tamburi moko. Cena e pernottamento in hotel.
Con
i suoi vulcani fumanti, che scendono fino alle acque cristalline
ornate di barriere coralline incontaminate, spiagge di sabbia bianca
punteggiate di cocchi e villaggi tradizionali costruiti su per le
montagne, il paesaggio è tanto spettacolare sopra quanto lo è al di
sotto del mare. L’isola di Alor è così montuosa che è
quasi impossibile attraversarla e molti dei villaggi sono accessibili
solo attraverso piccoli traghetti via mare. Gli otto diversi dialetti
e i più di 50 sub-dialetti, ancor oggi parlati, testimoniano la
biodiversità delle società umane di Alor.
Takpala
è costituito da 15 case tradizionali che gli Abui
chiamano rumah Lopo. Tredici di queste case, chiamate kolwat, non
hanno muri. Le altre due, chiamate kanuarwat, sono tabù e solo
alcune persone possono entrarvi. Il popolo Abui
fa affidamento solo sulla foresta per soddisfare le proprie necessità
quotidiane, come ad esempio la raccolta di cereali e semi, usati
oggigiorno anche per creare manufatti da vendere ai turisti. Tra gli
Abui e le altre popolazioni di montagna,
infatti, la caccia e la raccolta rappresentano un importante
complemento alla dieta base di mais, manioca, e riso. Nelle zone
costiere, che sono meno favorevoli all'agricoltura, molti agricoltori
sono passati alla pesca, l'attività tradizionale degli
austronesiani. Animali da cortile sono maiali e polli. Tuttavia,
questi possono di rado integrare la dieta a causa di frequenti
malattie cui sono soggetti. Così, la dieta non è ben bilanciata,
spesso con conseguenti precarie condizioni di salute e anemia,
soprattutto tra i bambini e le donne.
I
Moko sono tamburi di bronzo a forma di clessidra, utilizzati
come strumenti musicali durante le cerimonie tradizionali e come dote
ad Alor e Pantar. Alcuni dei moko sono molto antichi e,
sulla base della loro forma e decorazioni, si presume provengano
dalla cultura Dong-Son del Vietnam (400-100 AC). Sono stati
trasportati ad Alor probabilmente come merce di scambio nel commercio
del legno di sandalo, di cui la vicina Timor era ricchissima.
I Moko più antichi sono chiamati in Indonesiano “tamburi di
terra”, moko tanah, perché sono stati dissotterrati o
rinvenuti in grotte. Molti moko, tuttavia, sembrano essere di origine
più recente, probabilmente realizzati a Gresik, vicino a Surabaya
(Java) nel 19° secolo. Da qui i mercanti macassaresi li hanno fatti
arrivare fino ad Alor e Pantar, dove sono noti anche come moko
Makassar o jawa Makassar. Molti Moko sono stati raccolti e distrutti
dall'amministrazione olandese tra il 1920 e il 1930. Il governo
coloniale ne contò circa 200.000 sulla sola Alor. Ci sono oltre
venti diverse categorie di Moko, con valori che vanno da pochi
centesimi a diverse migliaia di euro.
I
Moko sono importanti come status simbol, ma molto di più per il loro
valore rituale. Sono parte essenziale della dote della sposa e sono
stati scambiati anche contro teschi umani, impiegati spesso nei
rituali. In caso di matrimonio il numero necessario di moko, e la
loro qualità, dipendono dalla posizione sociale della sposa. Non è
insolito che per ripagare una tale dote si impieghino anni.
Giorno
11: Alor, la Testa d’Uccello,
Bampalola, mercato Buirdon.
Lasciamo
l’hotel presto per una visita al mercato di Buirdon. Poi partiamo
per un’escursione che ci porta attorno alla penisola chiamata
Kepala Burung (Testa d’Uccello). Troviamo splendidi panorami
e una secolare mescolanza di tradizioni animistiche e Islam.
Visitiamo, con un breve trekking facile, il villaggio di Bampalola
(15km + 1 ora). Poi proseguiamo lungo la costa fermandoci a curiosare
tra i piccoli villaggi di pescatori e le belle spiagge bianche di
Maimol e Mali. Cena e pernottamento in hotel.
Bampalola,
appollaiato su una bassa collina che gode di una vista stupenda sulle
isole vicine, possiede case tradizionali particolari chiamate laka
tuil.
La storia tramandata vuole che qui sia arrivato l’islam, poi
diffuso
tra le isole, grazie ad una coppia di figure semi-mitiche “scese
dal vulcano”.
Giorno
12-13: Escursioni in barca tra le isole di
Pantar, Pura, Buaya e Ternate
di
primo mattino ci spostiamo al villaggio
di Alor Kecil,
davanti al quale si trova
l’isoletta di Kepa.
Da qui facciamo
escursioni giornaliere in barca alle isole dell’arcipelago.
Visitiamo alcuni villaggi di pescatori che usano curiose trappole di
bambù intrecciato, baie ornate di acque smeraldine e barriere
coralline incontaminate, donne intente a tessere motivi marini in
meravigliosi ikat, bambini curiosi e abili a tuffarsi tra le
piroghe. Facciamo anche soste per un salto in acqua ed
un’esplorazione tra coralli molli e pesci multicolori. Delfini e
balene accompagneranno forse la nostra rotta e incroceremo pescatori
intento alla pesca con l’aquilone. Pranzo al sacco in barca. Cena e
pernottamento in guesthouse a Kepa.
Giorno
14: In aereo da Alor a Timor e da Timor a Bali.